Templari, assassini, frutti dell’eden, storia antica e contemporanea. Assassin’s Creed, saga che ha fatto la fortuna di Ubisoft, tira avanti da più di dieci anni. Nel tempo, la community di appassionati si è frammentata sempre di più: da una parte abbiamo chi si è completamente disinteressato, dall’altra chi continua a giocare ma urla a gran voce un ritorno al passato, e dall’altra ancora chi continua genuinamente ad apprezzare le ultime iterazioni del franchise.
Dalla nostra possiamo dirvi che, a differenza di altri brand longevi, Assassin’s Creed ha saputo evolversi nel corso degli anni, perché è una serie costruita in modo da poter avanzare senza troppe problematiche. L’animus, infatti, vera genialata introdotta sin dal primissimo capitolo, consente agli sviluppatori di girovagare nel tempo con estrema facilità, dalle Crociate del 1191 fino alla seconda Rivoluzione Industriale, tanto per farvi un esempio. Ma siamo sicuri che questa trovata sia sufficiente per tirare avanti all’infinito? È proprio di questo che chiacchiereremo, sviscerando tutti i cambiamenti che la saga ha affrontato negli anni.
Assassin’s Creed dovrebbe finire o cambiare nome?
Diciamoci la verità: se non fosse per quelle incredibili ambientazioni quali la Terra Santa o l’Italia Rinascimentale, la saga di Assassin’s Creed avrebbe faticato molto a farsi apprezzare dal pubblico. Lo scrivevamo anche in un articolo dedicato al primo capitolo, noiosissimo per molti eppure spaventosamente affascinante e ricco di personalità. Con i successivi capitoli le cose non andarono in una direzione opposta; certo, il mood cambiò: siamo passati dalle cupe location del primo capitolo alle gioiose Firenze e Venezia della trilogia dedicata ad Ezio Auditore, ma il succo del discorso, più o meno, è rimasto lo stesso, con enormi pregi ancora una volta non conquistati dalla componente ludica. Che poi, ad esser sinceri, non era così brutto il combat system dei primi capitoli (considerando l’anno di uscita), solo molto accessibile e lento. Accessibilità che Ubisoft ha coltivato nel tempo, rendendo Assassin’s Creed un gioco adatto pure ai cosiddetti “giocatori della domenica.” Non a caso, esistono molte persone che per anni hanno comprato un solo videogioco, ovvero Assassin’s Creed, perché ammaliati dalla veste grafica e dalla cura riposta nella modellazione di città e strutture. Ecco perché la fortunata saga di Ubisoft, più di qualsiasi altro franchise nato negli ultimi quindici anni, è riuscita persino ad andare oltre il videogioco, diventando pop, perché ha sempre rivolto la parola a tutti, anche ai giocatori più hardcore. Dark Souls, i partitoni a LOL e i campionati di Rainbow Six Siege e Counter Strike, bellissima questa roba, ottimo essere giocatori così dediti alla sfida e alla competizione, ma uno strappo alla regola, la partita più rilassata, piace a tutti. È per queste motivazioni che, nonostante gli evidentissimi limiti di gameplay, questa saga è piaciuta molto e continua a vendere sfaceli. Io stesso, autore di questo articolo, gradisco molto di più esperienze con meccaniche di gioco più partecipative, e se proprio devo rilassarmi, un Red Dead Redemption 2 lo trovo più indicato. Eppure ci sono finito dentro, anch’io lo compro ad ogni uscita, persino quando lo ricevo in anteprima per lavorare la recensione; lo trovo perfetto per riposare un po’ la mente. Vi spiego: Red Dead Redemption 2, narrativo e con poca sfida dettata da dinamiche di gioco complesse, sebbene io lo preferisca come esperienza, non riesce a crearmi quel distacco tale da consentirmi di giocare anche dopo una giornata stressante passata fuori casa. Assassin’s Creed sì, e ricordo con piacere i momenti in cui non facevo altro che liberare la mappa da ogni punto di interesse, in particolare nella trilogia di Ezio e nel quarto capitolo, Black Flag.
Tutta questa pappardella che vi stiamo raccontando, evidentemente, nonostante Valhalla abbia registrato uno dei lanci più prolifici nella storia del franchise, a qualcuno non piace affatto, e anzi non perde mai occasione per ribadirlo. Che ve lo diciamo a fare: il web è pienissimo di frasi quali “Ubisoft fa i giochi buggati”, o ancora “questa serie dovrebbe concludersi o cambiare nome.” Per carità, un fondo di verità c’è, dietro queste lamentele, ad esempio la serie – forse – farebbe meglio a rallentare un po’, uscire con meno problematiche tecniche ed essere confezionata meglio, senza tutti quei riempitivi posizionati nello scenario per triplicare la durata. Quindi sì, un po’ avete ragione, ma Ubisoft perché dovrebbe fermare la serie? Perché interrompere una gallina dalle uova d’oro che riesce ad andare avanti con idee, perlomeno dal punto di vista creativo e artistico, sempre a fuoco? Assassin’s Creed non ha stancato, è il vostro atteggiamento ad averlo fatto. Se proprio avete da lamentarvi, sfogatevi contro la casa madre, che dovrebbe quantomeno cambiare il suo atteggiamento, non con un brand tra i più originali e prolifici nella storia del videogioco moderno.
Nuova città, periodo storico e antenato, ma fino a quando?
Un grande classico, una domanda che ciclicamente si ripresenta: bello Assassin’s Creed, bella la storia, ma il gameplay? Lo spiegavamo prima: sebbene non siano mai state malvagie, la serie non ha mai puntato esplicitamente sulle meccaniche di gioco, al punto da permettersi l’uscita di ben cinque episodi con uno schema che, se non fosse per due/tre novità introdotte per capitolo, sarebbe completamente rimasto invariato (parliamo del filone Assassin’s Creed-Revelations). Ubisoft, però, conscia del fatto che una parte della community desiderasse un forte cambiamento, negli anni ha provato a svecchiare la formula rimanendo pur sempre fedele ad alcuni tra i più iconici canoni della saga. Il primo grosso scossone arrivò con Assassin’s Creed III, che trasformò parte delle dinamiche di gioco, dall’aggiunta del combattimento Freeflow arrivando ad un sistema di scalata e corsa ben più reattivo e automatizzato. Non completamente game changer, ma comunque un gran bel passo in avanti considerando la lentezza dei capitoli precedenti. Black Flag, invece, più che affinare il gameplay si concentrò sull’open world, al punto che, forse, possiamo definirlo il primo, vero gioco a mondo aperto dedicato alla serie.
Ma il cambiamento grosso è arrivato, o meglio sarebbe dovuto arrivare, nel 2014 con Assassin’s Creed: Unity. Questo importante capitolo della saga esce ma si porta con sé una valanga di problematiche tecniche e meccaniche di gameplay a malapena complete. Per i fan della serie è, forse, il capitolo che più ha generato malcontento in tutti questi anni, proprio perché il potenziale dietro questo titolo era immenso, a partire dal sontuoso sistema di scalata o dalla cura riposta nell’ambientazione. Tuttavia, scrittura al di sotto degli standard della serie e problematiche tecniche lo hanno reso una delle peggiori uscite del franchise. Con il successivo, Syndicate, nonostante il miglioramento nella scrittura dei personaggi principali, perlomeno i buoni, questa prima doppietta di episodi PS4-Xbox One si conferma come la meno riuscita in assoluto della serie, sebbene non siano mancati gli elementi positivi.
Vi raccontiamo velocemente tutto questo affinché capiate che la serie ha attraversato momenti di passaggio e di forti cambiamenti. Ubisoft, se escludiamo il primo storico filone narrativo Altair-Ezio-Desmond, ha sempre provato ad ascoltare i fan e a rendere questa saga anche bella da giocare. E forse, come dimostrano le ultime tre uscite, l’errore più grande della casa francese è stato proprio ascoltare il pubblico. Può sembrare controproducente, ma nel momento in cui hai una community letteralmente impossibile da accontentare, è meglio seguire solamente le proprie idee, in questo caso quelle di Ubisoft. E pare lo stiano davvero facendo, fortunatamente: è infatti notizia recente che Assassin’s Creed continuerà ad essere un soft GDR, poiché le vendite registrate da quest’ultima trilogia sono elevatissime.
Ma allora qual è il problema? Qual è la verità dietro queste lamentele? Che la community faccia bene a bacchettare la casa francese sulla scarsa pulizia dei prodotti o su un’uscita della serie un po’ troppo frequente, siamo d’accordo; lo siamo meno per quanto riguarda chiudere il franchise o cambiare nome. Nonostante il disaccordo, però, non possiamo fare a meno di sentirci leggermente preoccupati. Dal nostro punto di vista, una serie può considerarsi tirata per le lunghe quando lo stesso filone narrativo viene portato avanti da troppo tempo e con molta fatica. Succede spesso e volentieri con alcune Serie TV, al punto che quando si arriva finalmente ad una conclusione effettiva, l’interesse per un finale col botto non esiste più. Con il mondo dei videogiochi è lo stesso: ci sono delle saghe che sono prossime ai trent’anni di esistenza, e se ancora oggi arrivano sul mercato e, in qualche modo, piazzano ancora milioni e milioni di copie, è perché c’è ancora qualcosa da raccontare. Lo abbiamo visto con la nuova trilogia di Tomb Raider, o con la recente ripartenza di Resident Evil, ad esempio.
Con Assassin’s Creed, Ubisoft – sebbene abbia fatto bene a cambiare radicalmente la struttura di gioco e il combat system – si sta facendo del male da sola con la componente narrativa. Ve lo ricordate Black Flag? Con questo quarto capitolo, peraltro l’ultimo numerato (e qui si potrebbe aprire una parentesi enorme), Ubisoft aveva fatto un centro perfetto. La cornice ambientata ai giorni nostri non seguiva più le vicende di un singolo personaggio a là Desmond Miles, bensì metteva l’utente nei panni di un impiegato Abstergo e ci catapultava in una situazione molto meta. Infatti, vagando per gli uffici di questa mega corporazione, era intuibile che si trattasse della stessa Ubisoft, che, anziché sfruttare i libri di storia, per costruire film e cortometraggi utilizzava direttamente l’animus, questa volta non più legato ai singoli antenati, ma accessibile a tutti (a patto di possedere un campione di DNA del soggetto interessato). Una roba clamorosa, la chiave per scrollarsi di dosso tutti i problemi. Ovviamente, manco a dirlo, questa cosa durò pochissimo, e in Assassin’s Creed: Origins cominciò una linea narrativa completamente nuova, dedicata a Layla Hassan. E indovinate perché? Perché i fan chiedevano un ritorno al passato.
Andando in conclusione, Assassin’s Creed merita di continuare. Impossibile interrompere una gallina dalle uova d’oro: ma se da una parte apprezziamo i continui cambiamenti alla formula, dall’altra siamo preoccupati per la narrazione. A giudicare dal finale di Valhalla, poi, i nostri sentori potrebbero diventare concreti.
Che dire? La parola è vostra: fateci sapere cosa ne pensate!
*FONTE: Tom’s Hardware.