Final Fantasy XIV è senza dubbio il gioco degli ultimi mesi; un tale esplosivo successo è dovuto alla migrazione di diversiinfluencer e delle relative community da World Of Warcraft verso l’MMO targato Square Enix e, per questa ragione, il lavoro del team guidato da Naoki Yoshida è stato messo sotto non pochi riflettori.
Ma quello che ora è considerato come il miglior MMO in circolazione non ha avuto sempre questa nomea; ai suoi albori, infatti, il titolo era ben diverso da come lo si vede oggi.
Cogliendo l’occasione, parleremo dell’infelice versione 1.0, dell’arrivo di Yoshi-P e della sua rinascita con la versione “A Realm Reborn”.
Final Fantasy XI e il primo approccio al genere MMO
Prima di cominciare, bisogna mettere subito in chiaro una cosa, quando si parla della “1.0” di Final Fantasy XIV non si sta parlando di una versione precedente agli aggiornamenti che hanno reso il gioco quello che è adesso, ma bensì di un titolo ormai cancellato e irreperibile, le prove della cui esistenza risiedono in sporadici video su YouTube e in memorie e racconti di alcuni veterani, che hanno avuto la fortuna di giocarlo in quel periodo.
Per spiegare quello che è successo al titolo occorre fare un ulteriore passo indietro, bisogna tornare al lancio di Final Fantasy XI.
L’undicesimo capitolo, uscito nel maggio del 2002, fu il primo MMO creato da Square Enix che, assumendosi un enorme rischio, cercò il successo laddove l’ombra dell’allora “colosso” di Blizzard non era ancora arrivato: il mercato console.
Il titolo raggiunse rapidamente il successo sia su PlayStation 2, dove sdoganò per la prima volta il genere, che su PC, essendo il primo MMO pubblicato nella terra del Sol Levante. L’enorme riscontro positivo convinse Square Enix a puntare ulteriormente sul genere e, nel 2005, incaricò la squadra guidata da Nobuaki Komoto, director di FFXI, di sviluppare un nuovo capitolo online per PlayStation 3.
Versione Uno Punto Zero
Fu così che, durante l’E3 del 2009, venne annunciato al grande pubblico Final Fantasy XIV per PC e PS3 la cui data di uscita venne fissata per fine settembre dell’anno successivo.
I pochi fortunati che ottennero l’accesso alla fase beta iniziarono a condividere informazioni che preoccuparono gli appassionati; si riscontrarono, infatti, enormi problemi che spaziavano dalle mere performance sino ai fondamenti di gameplay i quali sembravano costruiti per punire i giocatori più “hardcore”. Il titolo andava a rilento persino nei menù più semplici, presentava un sistema di “fatica” che diminuiva sensibilmente l’esperienza ottenuta se si osava giocare per più di qualche ora e il gameplay non era né soddisfacente né al passo con i tempi.
Sebbene si presumesse che gran parte dei problemi riscontrati sarebbero stati risolti prima del lancio ufficiale, il pubblico non conosceva ancora il quadro completo. Il team di sviluppo, orgoglioso del lavoro svolto con Final Fantasy XI, peccò di arroganza poiché non svolse alcun lavoro di studio della concorrenza e si concentrò unicamente su alcuni aspetti che avevano portato al successo l’undicesimo capitolo senza, però, adattarsi ai nuovi standard del genere che si erano imposti negli anni.
Il titolo uscì nel Settembre 2010 per PC e venne rapidamente “distrutto” dalla critica che si ritrovò tra le mani un gioco visivamente accattivante ma debole e lacunoso nel gameplay; i dungeon erano labirintici, riutilizzavano spesso gli stessi asset e non prevedevano alcuna mappa o minimappa che ne facilitasse la navigazione, non esisteva alcun sistema di cavalcatura -sebbene fossero presenti i chocobo, famose alternative fantasy ai più comuni cavalli, da sempre presenti nella saga- e il combattimento risultava spesso piatto e frustrante.
Come se non bastasse, si venne a sapere che tra i dipartimenti costituenti il team di sviluppo non c’era alcun tipo di comunicazione; cosicché al momento di mettere insieme i “pezzi”, gli stessi si ritrovarono tra le mani un ammasso di sistemi che non funzionavano bene tra loro e nel tentativo di creare qualcosa di coerente, ottennero l’effetto opposto.
Il punto di rottura e l’arrivo di Naoki Yoshida
Nei mesi successivi alla release le cose andarono di male in peggio, la già pessima ricezione del titolo da parte della stampa fu aggravata da miriadi di video ed opinioni create dai giocatori che inondarono il forum ufficiale con richieste di risarcimento e lamentele, arrivando addirittura alle minacce.
In un disperato tentativo di contenere il danno Square Enix cancellò la già annunciata versione PS3, attesa per marzo 2011, e fermò la vendita su PC, lasciando comunque l’accesso alle persone che già possedevano il gioco senza chiedere loro i costi dell’abbonamento mensile; inoltre, dopo aver chiuso il forum ufficiale, pubblicò dichiarazioni di scuse, cosa che fece infuriare ancora di più i giocatori.
A seguire, la compagnia giapponese decise di formare una task force il cui compito consisteva nell’individuare i problemi e risolverli. I membri di questo team, dopo alcuni colloqui interlocutori, individuarono una figura che già si era distinta per l’eccellente lavoro su Dragon Quest X, altro titolo online basato sull’omonima saga: Naoki Yoshida.
Yoshida, pur non essendo ben informato sullo stato in cui versava il titolo, disse loro che era necessaria una profonda ristrutturazione nell’organizzazione del progetto se si voleva risolvere la situazione.
Quando Yoichi Wada, allora CEO di Square Enix, decise di affidare a Yoshi-P, così è soprannominato Yoshida, il compito di sistemare il gioco, questi non solo accettò, ma chiese al presidente di allocare ogni risorsa disponibile sul progetto e fu così che Wada allontanò il producer Hiromichi Tanaka e degradò Komoto da director a Lead Designer, investendo Yoshida di entrambi i ruoli vacanti.
Una volta ottenuto l’incarico, una delle sue prime richieste fu quella di concedere a tutta la squadra due settimane di riposo, tempo che il director spese “studiando” la concorrenza e creando una roadmap fittissima atta a risolvere i problemi più spinosi.
Nel corso dei suoi primi mesi nel ruolo di director, Yoshida dedicò gran parte delle risorse a migliorare la “quality of life” del titolo: aggiunse finalmente la minimappa, la possibilità di usare le cavalcature e cercò di rendere il sistema di combattimento più dinamico con l’introduzione delle classi. Ben prestò, però, si ritrovò a dover fare i conti con i limiti tecnici dovuti al motore di gioco e, una volta preso atto della gravità della situazione, fu costretto a prendere una decisione drastica.
Non potendo apportare grandi cambiamenti al titolo per via dei problemi sopracitati, presentò all’amministrazione le due uniche soluzioni che riteneva possibili: o sistemare fino ai limiti del possibile la versione esistente senza però, viste le difficoltà tecniche, riuscire ad apportare grossi cambiamenti e aggiunte o, in alternativa, sviluppare in segreto un secondo titolo online mantenendo nel frattempo anche la vecchia versione. La decisione che presero creò un precedente destinato a rimanere scolpito negli annali del settore.
Distruzione e rinascita
Il passaggio dalla versione 1.0 a quello che oggi conosciamo come “Final Fantasy XIV: A Realm Reborn” è un evento che rese la Business Division 3 una delle punte di diamante di Square Enix, in quanto diede la possibilità alla squadra guidata da Yoshida di creare un qualcosa di mai visto nell’ambiente MMO.
In modo da poter collegare narrativamente i due titoli, si pensò di creare una “storia” all’interno delle ultime patch della 1.0, patch che sarebbero servite da introduzione a “A Realm Reborn”. Qualche settimana dopo l’inizio dei lavori, infatti, FFXIV subì il consueto aggiornamento periodico, ma alcuni tra i giocatori più attenti si resero subito conto di una particolarità, l’aggiornamento aveva introdotto silenziosamente una stella rossa nel cielo di Eorzea, la terra in cui si svolgono le vicende del gioco, stella che brillava più intensamente delle altre.
Inizialmente la cosa non destò così tanta curiosità all’interno della community; alcuni ipotizzarono fosse un evento di presentazione per un’ipotetica nuova espansione, ma le stranezze non finirono lì.
Una patch dopo l’altra, la stella scarlatta aumentò a poco a poco di dimensione e, contemporaneamente, alcuni giocatori selezionati a caso poterono assistere, al momento del log-in, a veri e propri incubi dei loro personaggi.
Anche questa volta la community non ci fece granché caso, le persone afflitte dagli incubi furono additate come bugiarde e le dimensioni della stella rimasero comunque abbastanza ridotte da non preoccupare il popolo di Eorzea.
Le opinioni cambiarono radicalmente con l’uscita della patch 1.21 quando la stella crebbe sensibilmente e gli incubi si presentarono a molti più giocatori che in passato. Era chiaro che qualcosa di terribile stava per accadere e non si dovette attendere molto per averne conferma.
Il 26 Luglio 2012 Square Enix annunciò ufficialmente “Final Fantasy XIV: A Realm Reborn”, il nome, oltre a suggerire un processo di rinascita del titolo voleva indicare il collegamento diretto con la sua precedente versione, versione che ben presto avrebbe incontrato la sua fine; la compagnia, infatti, annunciò che “A Realm Reborn” sarebbe andato a sostituire in tutto e per tutto l’allora attuale titolo, ovviamente i giocatori che già lo possedevano avrebbero ricevuto questa nuova iterazione a costo zero con la possibilità di mantenere aspetto, esperienza ed equipaggiamento guadagnato con tanta fatica nella 1.0.
L’11 Novembre 2012, in seguito alla caduta della stella rossa rivelatasi più tardi la cella di contenimento per Bahamut, una delle entità più pericolose conosciute all’interno della saga, i server vennero chiusi al pubblico dopo aver mostrato ai giocatori online uno straziante filmato recante la devastazione della loro terra insieme ad un commovente messaggio che incoraggiava a mantenere accesa la speranza per il futuro.
Fu così che l’infausta versione 1.0 di Final Fantasy XIV incontrò la sua fine definitiva e si aprirono le porte per l’apprezzatissima versione “A Realm Reborn”; contestualmente, Yoshi-P fu eletto salvatore del titolo da parte della community che rapidamente si affezionò al director rendendolo di fatto uno dei principali volti della compagnia.
*FONTE Tom’s Hardware.