Keanu Reeves è universalmente conosciuto come uno degli attori più gentili e affabili del mondo del cinema: il suo candore è leggendario, così come le tristi storie del suo passato. Stupisce quindi sentirlo scagliarsi contro qualcosa, usando anche parole più dure del suo solito standard.
Lo ha fatto durante un’intervista con Wired parlando della svolta che la tecnologia sta prendendo anche rispetto alla settima arte. La star, pronta a tornare protagonista in John Wick: Chapter 4, ha avuto infatti a che ridire con l’utilizzo del cosiddetto deepfake a Hollywood.
La pratica non è esattamente una novità dell’ultim’ora, ma in origine è stata utilizzata soprattutto in maniera illecita e a sfondo pornografico, una battaglia contro la quale nel 2019 persino Scarlett Johansson si è arresa. Negli ultimi anni però la tecnologia deepfake sembra essere entrata in pianta stabile anche nel mondo del cinema.
Una “moda” che non piace affatto a Keanu Reeves, tanto che ha confermato di aver fatto aggiungere nei suoi contratti una clausola specifica per impedire agli studios di modificare digitalmente le sue performance:
Sì, digitalmente. Non mi importa se qualcuno toglie un battito di ciglia durante il montaggio. Ma all’inizio, nei primi anni 2000, o forse erano gli anni ’90, hanno cambiato una mia performance. Hanno aggiunto una lacrima sul mio viso, e ho pensato: ‘Eh?!’. Era come non se non dovessi neppure essere lì.
Quello che rende frustrante la situazione, è la perdita della propria opera, del proprio lavoro. Per questo è così contrario alla tecnologia deepfake nei film:
Quando offri una performance in un film, sai che verrai tagliato, ma sei comunque partecipe della cosa. Se vai nella terra del deepfake, non ha nulla del tuo punto di vista. Questo è spaventoso. Sarà interessante vedere come gli esseri umani gestiranno queste tecnologie. Stanno avendo un tale impatto culturale e sociologico e vengono studiati. Ci sono tanti “dati” su questo comportamento ora.
Nella stessa intervista, Keanu Reeves ha rivelato di aver parlato con un adolescente di 15 anni di Matrix. Quando gli ha spiegato che la saga riguardava la lotta di Neo per ciò che è reale, il giovane sarebbe sbottato in un «Che cosa importa se è reale?». Una deriva figlia di anni iper-tecnologizzati che preoccupa parecchio l’attore:
Le persone stanno crescendo con questi strumenti: ascoltiamo già musica creata dall’intelligenza artificiale nello stile dei Nirvana, c’è l’arte digitale NFT. È bello, guarda cosa possono fare queste macchine così carine! Ma dietro c’è una corporatocrazia che sta cercando di controllare quelle cose. Culturalmente, socialmente, dovremo confrontarci con il valore del reale o il non valore. E poi cosa ci verrà spinto addosso? Cosa ci verrà presentato?
Cosa ne pensate? Siete d’accordo con il punto di vista dell’attore?
Fonte: Wired e BestMovie.it